Pubblicato il 5 giu 2025 • 6 minuti di lettura
L’ansia da performance arriva piano, senza farsi notare troppo. All’inizio può sembrare solo voglia di fare bene, di migliorarsi, di dare il massimo. Ma poi, quasi senza accorgertene, diventa una corsa senza pause, una spinta continua che non ti lascia mai davvero respirare. Ogni giornata inizia con una lista infinita di cose da fare, e finisce con la sensazione di non aver fatto abbastanza. Anche se hai dato tutto.
Ti sei mai chiesto quando è stato l’ultimo momento in cui ti sei fermato? Fermato davvero, senza pensare alla prossima scadenza, al prossimo obiettivo, alla prossima urgenza. Spesso ci si abitua a questo stato di allerta costante, quasi fosse normale vivere così. Ma normale non lo è. E soprattutto, non è sostenibile.
La verità è che non siamo fatti per funzionare come dei robot. Abbiamo bisogno di staccare, di riposare, di sentirci liberi dal peso delle aspettative continue. Continuare a correre senza fermarsi, invece, ci espone al rischio di crollare fisicamente ed emotivamente. E questo crollo, prima o poi, arriva.
Prendersi cura di sé non è un lusso o un capriccio. È una necessità. E forse è il momento di iniziare a metterla al primo posto.
L’ansia da performance nasce spesso dal bisogno costante di dimostrare di valere. A volte non ce ne rendiamo conto, ma ogni cosa che facciamo al lavoro diventa una sfida con noi stessi: fare di più, farlo meglio, farlo prima. Ogni compito diventa un’occasione per dimostrare che sì, ce la possiamo fare. Che siamo bravi, affidabili, veloci. Ma vivere con questa pressione addosso non è sano. E il problema è che non ci fermiamo quasi mai a chiederci perché lo stiamo facendo davvero.
Anche quando siamo esausti, spesso non ci concediamo una pausa. Abbiamo paura che fermarci significhi sembrare deboli. Pensiamo che se diciamo “oggi non ce la faccio”, qualcuno possa dubitare del nostro impegno. Così ci mettiamo il carico da novanta anche quando il serbatoio è vuoto, e andiamo avanti per inerzia. Il corpo lancia segnali chiari: mal di testa, tensione, insonnia, fatica mentale. Ma li ignoriamo, pensando che passeranno. E nel frattempo continuiamo a correre, anche se non sappiamo più nemmeno verso cosa.
Smartphone, email, notifiche. Tutto ci tiene agganciati al lavoro anche quando la giornata è finita. Non ci diamo mai il permesso di staccare del tutto, e questo ci impedisce di ricaricare davvero le energie. Il risultato? Viviamo con il cervello sempre acceso, in un’ansia latente che ci accompagna anche fuori dall’ufficio. E così non riusciamo più a goderci il presente. Ogni momento libero viene invaso dai pensieri su quello che dobbiamo ancora fare. Ma non può essere sempre così. È fondamentale ritrovare spazi di silenzio, pausa, lentezza, senza sentirsi in colpa. Anche solo pochi minuti al giorno, purché siano davvero nostri.
All’inizio sembra una cosa positiva: essere sempre produttivi, portare a termine ogni attività, non perdere mai un colpo. Ci si sente in forma, in controllo, capaci. Ma c’è una differenza enorme tra il lavorare con motivazione e il cadere nella produttività tossica. Quando inizi a misurare il tuo valore solo in base a quanto produci, qualcosa si rompe. Il lavoro diventa un’ossessione. Ti ritrovi a rincorrere risultati senza mai sentirti soddisfatto. Anche le pause diventano un lusso che “non ti puoi permettere”, e ogni minuto non speso a fare qualcosa ti sembra sprecato.
Rendere ogni giornata una maratona può darti l’illusione di essere efficiente, ma sotto la superficie si accumula qualcosa di pericoloso. Ti allontani dai tuoi bisogni reali. Ignori la stanchezza, metti da parte le emozioni, sopporti dolori fisici e mentali come se non contassero. Ma il corpo non dimentica. Se lo spingi troppo a lungo, prima o poi ti presenta il conto. E quando arriva, non basta un weekend per rimettersi in sesto. Recuperare diventa difficile, e anche la motivazione che prima ti spingeva inizia a spegnersi. Il rischio è quello di bruciarsi lentamente, senza nemmeno accorgersene.
C’è una narrativa sbagliata che ci fa pensare che essere sempre al limite sia qualcosa di cui andare fieri. Ma vivere costantemente in apnea non è forza, è mancanza di equilibrio. I ritmi insostenibili non dimostrano quanto sei bravo, ma quanto poco stai ascoltando te stesso. Il vero coraggio non è fare tutto, ma capire quando è il momento di fermarsi. Saper rallentare è una scelta consapevole, non un fallimento. E forse è proprio quello che ci manca: darci il permesso di non essere sempre al massimo.
Avere degli obiettivi è importante, certo. Ma quando iniziano a generare stress da obiettivi, qualcosa non va. Invece di motivarti, ti schiacciano. Ti svegli con la testa già piena di cose da fare e vai a dormire con la sensazione di essere indietro. Ogni traguardo diventa una corsa contro il tempo, ogni piccola deviazione un fallimento. E così smetti di vedere il valore di ciò che hai già fatto. Vedi solo quello che manca. E non importa quanto ti impegni, ti sembra sempre di dover fare di più.
Quando hai l’ansia di dover raggiungere tutto e subito, perdi la capacità di pensare con calma. La fretta prende il posto della lucidità. Ogni errore, anche il più piccolo, ti sembra una catastrofe. Ti ritrovi a mettere in dubbio le tue capacità, anche se sai bene di essere preparato. Ma in quel momento la paura ha la meglio. E a volte ti blocca, ti toglie energia, ti fa procrastinare. Non perché sei pigro, ma perché sei stanco, svuotato, sotto pressione. Lo stress da obiettivi ti ruba la serenità, e ti porta a vivere ogni giornata come se fosse una prova da superare.
A volte, anche solo pensare di rallentare fa scattare il senso di colpa. Come se prenderti una pausa significasse tradire il tuo dovere. Ma non è così. L’impegno vero non si misura con l’esaurimento. Si misura con la presenza, la lucidità, la qualità. Non puoi dare il meglio se sei sempre esausto. Il senso di colpa è un meccanismo che ti tiene in trappola, ma non racconta la verità su di te. Meriti di lavorare con serenità, senza sentirti sempre sotto esame, senza quella voce nella testa che ti dice che non stai facendo abbastanza.
C’è un’idea sbagliata che circola da troppo tempo: se ti fermi, perdi. Ma non è così. Rallentare non significa rinunciare ai propri obiettivi, né perdere motivazione. Significa darsi il permesso di respirare, di ricaricare energie, di guardare le cose da un’altra prospettiva. È proprio nei momenti di pausa che si ritrovano chiarezza e lucidità. Continuare a spingere senza sosta, invece, porta solo a perdere contatto con te stesso. E a un certo punto ti accorgi che stai andando avanti per abitudine, non più per passione.
Ogni giorno ricevi segnali chiari, anche se spesso li ignori. Mal di testa frequenti, difficoltà a dormire, fatica mentale, irritabilità. Sono tutti campanelli d’allarme. Il corpo ti sta chiedendo di fermarti, e la mente lo sta facendo con ancora più forza. Ma tu vai avanti lo stesso, pensando che passerà. E invece peggiora. Prendersi una pausa non è un lusso: è un atto di cura. Significa riconoscere che sei una persona, non una macchina, e che hai il diritto di rallentare. Anche solo per mezz’ora. Anche solo per respirare. Quella mezz’ora può fare la differenza tra il tenere duro e il crollare.
Ammettere che non ce la fai più richiede forza. Dire “ho bisogno di rallentare” è un gesto potente. Spesso siamo convinti che resistere sia sinonimo di successo. Ma il vero successo sta nel sapersi ascoltare e fare scelte sane. I ritmi insostenibili ti allontanano dal tuo benessere. Fermarti, invece, ti riporta a te. E no, non hai bisogno del permesso di nessuno per farlo. Solo del tuo. Smetti di pensare che prenderti cura di te sia una debolezza. È la tua più grande risorsa.
Non devi dimostrare niente a nessuno. L’ansia da performance non è una condizione inevitabile, e non è nemmeno un prezzo da pagare per essere bravi. Puoi fare bene il tuo lavoro anche senza vivere in apnea. Anzi, lo farai meglio quando ti sentirai più presente, più sereno, più in ascolto di te.
Non è vero che per valere devi essere sempre al massimo. Hai il diritto di fermarti, di respirare, di dire “basta” quando ne senti il bisogno. Questo non ti rende meno professionale, ti rende più umano. E ti aiuta a durare nel tempo, senza arrivare al punto di rottura.
Fai spazio a te stesso. Ogni volta che scegli di rallentare, stai scegliendo la tua salute. E non c’è niente di più importante. Liberarti da ritmi insostenibili è possibile, ma sei tu a dover fare il primo passo. E quel passo inizia da una semplice decisione: trattarti con rispetto.
Autore
Articolo scritto da
Ti è piaciuto l’articolo?
Redazione Fitprime
Benessere mentale
Redazione Fitprime
Benessere mentale
Redazione Fitprime
Benessere mentale