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      Alimentazione

      Sindrome del colon irritabile: cos'è e cibi consigliati

      La sindrome del colon irritabile è un disturbo che interessa circa il 15% della popolazione. Ecco i sintomi e i cibi consigliati per controllarla.
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      u

      di Redazione Fitprime

      Indice

      • 1.

        Cause e sintomi

      • 2.

        Diagnosi

      • 3.

        Trattamento

      • 4.

        Dieta Low-FODMAP

      • 5.

        Alimenti consigliati

      • 6.

        Alimenti da evitare

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      Pubblicato il 1 apr 2021 • 3 minuti di lettura

      La IBS (Irritable Bowel Syndrome) o sindrome dell’intestino irritabile è un FBS ovvero un disturbo funzionale gastrointestinale che affligge il 7-15% della popolazione. In particolare, il sesso femminile risulta più colpito rispetto a quello maschile. 

      In generale i disturbi funzionali gastrointestinali sono uno spettro di disturbi cronici caratterizzati da: 

      • dolore addominale; 
      • gonfiore; 
      • distensione; 
      • alvo alterno (diarrea, stipsi, misto). 

      Si distinguono da altre patologie del tratto gastrointestinale per:

      • cronicità (maggiore di 6 mesi);
      • frequenza;
      • assenza di anormalità anatomiche identificate dai test diagnostici di routine. 
      Cause e sintomi

      Quali sono le principali cause e sintomi della sindrome del colon irritabile? Come altri FGIDs ha una causa multifattoriale e non completamente delucidata. Tra i meccanismi coinvolti: 

      • disregolazione della motilità intestinale;
      • infiammazione; 
      • infezioni batteriche e/o virali: l’uso di farmaci ad azione antibiotica può causare aumento della permeabilità intestinale; 
      • genetiche/ereditarie;
      • problematiche psicosociali;
      • ipersensibilità viscerale, microbiota e alterata comunicazione asse cervello-intestino.

      Esiste una comunicazione diretta tra intestino e cervello: questa avviene tramite una serie di molecole prodotte direttamente dal microbiota intestinale, ovvero l’insieme dei microrganismi che dimorano nel canale digerente dell’uomo. 

      I sintomi più comuni includono: 

      • dolore e/o gonfiore addominale;
      • alvo alterato (diarroico, stitico, misto);
      • flatulenza eccessiva;
      • distensione addominale. 

      Per quanto questa sindrome non influenzi l’aspettativa di vita, la cronicizzazione e la natura episodica della condizione possono influenzare fortemente le attività quotidiane, soprattutto perché i sintomi possono risolversi periodicamente e poi tornare, oppure possono svilupparsi improvvisamente nuovi sintomi e la severità può modificarsi nel tempo. 

      Diagnosi

      La diagnosi deve essere effettuata dal medico in quanto condivide tanti sintomi con altri disturbi di tipo organico, motivo per cui è facilmente confondibile.

      Per standardizzare la diagnosi, nel 1980, sono stati sviluppati i criteri di Roma: è necessario che il paziente abbia un dolore addominale ricorrente in media almeno 1 volta a settimana nei 3 mesi precedenti. È necessario che la sintomatologia sia iniziata almeno 6 mesi prima della diagnosi. 

      Il dolore addominale inoltre deve essere associato almeno a 2 delle seguenti condizioni: 

      • defecazione (miglioramento o peggioramento del dolore);
      • cambiamento della consistenza delle feci;
      • cambiamento della frequenza di evacuazione. 
      Trattamento

      Il trattamento della sindrome del colon irritabile inizia con l’identificazione del sintomo predominante e della severità.

      Se la sintomatologia non determina un abbassamento della qualità della vita, generalmente si può intervenire con modifiche dello stile di vita (dieta e attività fisica) ed educazione generale del paziente. 

      Può essere d’aiuto per tutti seguire giornalmente le seguenti norme generali: 

      • mangiare lentamente, masticando con cura e stando seduti; 
      • evitare pasti abbondanti, non distanziati tra loro da periodi eccessivi di digiuno; 
      • evitare di coricarsi subito dopo cena;
      • evitare alcol e bevande gassate; 
      • bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno; 
      • evitare eccesso di caffè, thè. 

      Oltre i consigli generali è possibile seguire nelle indicazioni dietetiche più precise, di primo e secondo livello.

      Tra quelle di primo livello da mettere in atto come primo cambiamento: 

      • equilibrare l’assunzione giornaliera di fibra; 
      • non assumere più di tre frutti al giorno, i cibi grassi, i fritti; 
      • evitare sorbitolo e dolcificanti in caso di variante diarroica.

      Le precedenti indicazioni per essere attualizzate necessitano della prescrizione del medico dietologo o del nutrizionista, sulla base degli effettivi fabbisogni nutrizionali individuali, il quale valuterà anche gli effettivi benefici individuali.

      Se questi ultimi non sono rilevati sarà consigliabile approdare a una dieta a basso contenuto in FODMAP, protocollo specifico di durata prestabilita. 

      Dieta Low-FODMAP

      Cosa sono i FODMAP? Sono carboidrati a catena corta, poco digeribili e lentamente assorbibili, che possono esacerbare in particolari condizioni la sindrome dell’intestino irritabile. 

      Quali sono? 

      1. Lattosio;
      2. Polioli;
      3. Fruttosio;
      4. Fruttani;
      5. Glutine;
      6. GOS, Galatto-oligosaccaridi, rappresentati maggiornamente da raffinosio e stachioso.

      La dieta ridotta nel contenuto di questi zuccheri non va considerata come una dieta di esclusione ma di sostituzione dei cibi al alto contenuto di FODMAP con quelli a basso contenuto, nel rispetto dei propri fabbisogni nutrizionali giornalieri, i particolare di ferro e calcio. 

      La dieta Low-FODMAP comprende 3 fasi: la prima fase prevede una forte riduzione dei FODMAP e ha una durata di 3-6 settimane.

      Una seconda fase, di durata variabile, prevede che vengano reintrodotti progressivamente nella dieta i singoli alimenti contenenti FODMAP, per testare la soglia di tolleranza del paziente, verificando i cibi tollerati senza che il paziente avverta disturbi, e questo servirà come riferimento per la terza fase. 

      In seguito una lista di alimenti consigliati e generalmente tollerati e di alimenti da  evitare che possono esacerbare i sintomi.

      Alimenti consigliati

      Ci sono alcuni cibi consigliati da inserire in una dieta per il colon irritabile, vediamoli nel dettaglio:

      • frutta: come banana, mirtillo, pompelmo, uva, melone, kiwi, limone, fragole;
      • dolcificanti: tutti, eccetto i polioli;
      • latte: latte delattosato, di soia, di riso;
      • sorbetti;
      • verdure: come sedano, peperoni, melanzane, fagiolini, lattuga, zucca, pomodoro.
      Alimenti da evitare
      • frutta: come mele, pere, pesche, anguria, cachi, albicocche, ciliegie, susine, prugne, contenti principalmente sorbitolo e fruttosio in eccesso;
      • dolcificanti: sorbitolo, mannitolo, xilitolo e altri; 
      • cereali contenenti glutine;
      • latticini e alternative: fonti di lattosio;
      • legumi, noci e semi: contenenti GOS;
      • verdure: come carciofi, asparagi, broccolo, cavolini di bruxelles, broccoli, cipolle, aglio, per il contenuto in fruttani e mannitolo.

      Il contenuto di FODMAP di diversi alimenti è altamente variabile e dipende da fattori come il grado di maturazione (es. banane), variazioni stagionali, clima, tempo e temperatura di conservazione ecc..

      In generale nel trattamento della sindrome dell’intestino irritabile è fondamentale considerare altri fattori, come lo stile di vita generale della persona.

      Molti episodi possono essere causa scatenante di stress e peggiorare quindi la sintomatologia dell’intestino irritabile e i sintomi stessi possono esacerbarsi anche in situazioni in cui lo stress aumenta.

      Perciò oltre l’approccio nutrizionale risulterà fondamentale ancora una volta considerare la persona nella sua complessità e lavorare su queste situazioni trigger che possono creare impedimento nella risoluzione o nel miglioramento della sindrome. 

      Articolo a cura della dott.ssa Ilaria Aquilea, Biologa Nutrizionista

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