Published on 6 Jun 2025 - 6 minutes read
La tassazione del TFR è uno di quegli argomenti che spesso ti ritrovi ad affrontare solo quando lasci un lavoro, e non sempre con le idee chiare. Eppure, si tratta di una somma che ti spetta di diritto e che hai maturato mese dopo mese, anno dopo anno. Non è un bonus, non è una gentilezza: è parte del tuo stipendio, solo che arriva tutta insieme alla fine del rapporto di lavoro.
Capire quanto ti verrà liquidato, quando e soprattutto quanto ti verrà tassato, fa tutta la differenza. Perché sì, anche il TFR subisce trattenute fiscali, ma non come il resto dello stipendio. Viene tassato con un meccanismo a parte, studiato apposta per non penalizzarti troppo, anche se spesso è difficile sapere se è stato applicato nel modo corretto.
Se stai aspettando la tua liquidazione o semplicemente vuoi controllare che tutto fili liscio, sapere come funziona il trattamento fine rapporto è fondamentale. Devi conoscere i tuoi diritti, sapere cosa controllare nei documenti e come comportarti se qualcosa non torna. Il TFR è denaro tuo, e nessuno dovrebbe metterci mano più del dovuto. Meglio arrivarci preparati, così da non farsi trovare mai spiazzati.
Quando finisce un contratto, ti aspetti giustamente che il trattamento fine rapporto ti venga liquidato in tempi brevi. Ma non esiste un unico termine fisso per tutti: dipende dal contratto collettivo e dal settore in cui hai lavorato. Nel settore privato, ad esempio, ci sono CCNL che prevedono il pagamento entro 30, 45 o 60 giorni dalla cessazione. Se invece il contratto non dice nulla, il principio base è che il TFR va pagato subito, di solito insieme all’ultima busta paga.
Nel pubblico, le cose si complicano. Qui il TFR (o TFS) viene erogato dopo 12 o 24 mesi, in base al motivo della cessazione. E se sei andato in pensione, preparati ad aspettare almeno un anno. In alcuni casi, l’attesa può arrivare fino a tre anni se l’importo è alto. Non è un errore, è proprio previsto dalla legge. Ma è giusto saperlo, così da non rimanere sorpresi.
Il TFR viene quasi sempre versato in un’unica soluzione, tramite bonifico bancario o assegno. La somma che ricevi include le quote annuali accantonate più la rivalutazione ISTAT. In alcuni casi, se ti metti d'accordo con l’azienda, puoi anche chiedere un pagamento a rate. Ma deve esserci l’ok da entrambe le parti.
Quando ricevi il TFR, devi pretendere un documento chiaro: si chiama prospetto di liquidazione. Lì devono esserci scritti l'importo lordo, le trattenute fiscali, la rivalutazione e l’imposta sostitutiva. Se qualcosa non torna, quello è il primo posto dove controllare.
Se lavori nel privato e il datore non ti paga il TFR, hai diritto a far valere i tuoi diritti. Puoi ricorrere al Fondo di Garanzia INPS, che interviene se l’azienda è in difficoltà o addirittura fallita. Questo fondo ti garantisce il recupero del TFR e degli stipendi arretrati.
Nel pubblico, invece, non si parla di insolvenza, ma i ritardi possono comunque esserci. In quel caso, maturano interessi legali di mora, e puoi sollecitare formalmente l’INPS se i tempi si allungano oltre il previsto. Non devi subire passivamente: quel denaro è tuo, e nessuno ha il diritto di trattenerlo più del dovuto.
Capire come si calcola il TFR non è complicato, ma serve un po’ di attenzione. Ogni anno di lavoro genera una quota di TFR, che corrisponde a circa 1/13,5 della tua retribuzione annua lorda. In pratica, si tratta di circa il 7,41% del tuo stipendio. A questa somma, ogni anno, si aggiunge una rivalutazione obbligatoria, che segue una formula precisa: 1,5% fisso + 75% dell’inflazione annuale.
Questa rivalutazione serve a proteggere il TFR dal tempo e dall’inflazione. Perciò, più a lungo resti in azienda, più cresce l’importo finale. Non è solo questione di quanto hai guadagnato, ma anche di quanto tempo sei rimasto e di quando è maturata ogni quota.
Se lavori nel privato, il calcolo segue quanto stabilito dall’articolo 2120 del Codice Civile: quota annua, rivalutazione e liquidazione diretta da parte del datore. Se invece sei un dipendente pubblico, la percentuale cambia: il TFR viene calcolato sul 6,91% della retribuzione annua, quindi un po’ meno.
Inoltre, non tutti i lavoratori pubblici rientrano nel TFR: chi è stato assunto prima del 2001 potrebbe avere ancora il TFS, cioè il Trattamento di Fine Servizio. In quel caso, la logica di calcolo è diversa. E se parte della carriera è avvenuta prima del 2001 e parte dopo, la liquidazione può essere mista: un po’ TFS, un po’ TFR.
Hai scelto un fondo pensione? In quel caso, il TFR maturando viene versato direttamente al fondo. Questo significa che non lo riceverai alla fine del rapporto, ma solo al momento della pensione. I vantaggi fiscali sono interessanti, ma è fondamentale sapere che non tutto il TFR sarà liquidato subito.
Attenzione però: se hai cambiato azienda e avevi già aderito alla previdenza complementare, il TFR continuerà ad andare allo stesso fondo, a meno che tu non faccia un'altra scelta. E anche lì, ogni euro versato sarà rivalutato, ma con regole diverse rispetto al TFR lasciato in azienda.
Quando ricevi il TFR, la prima cosa che noti è che non arriva mai tutto intero. Una parte viene trattenuta dallo Stato sotto forma di tasse. Ma tranquillo: non si applicano le stesse aliquote dell’IRPEF ordinaria, cioè quelle che paghi sullo stipendio. Il TFR, infatti, è tassato con un sistema speciale chiamato “tassazione separata”, che usa un’aliquota media calcolata su più anni.
Questo significa che non vieni tassato come se avessi guadagnato tutto il TFR in un solo anno (cosa che ti farebbe saltare negli scaglioni IRPEF più alti), ma come se lo avessi percepito ogni anno di lavoro. Il risultato? Nella maggior parte dei casi, paghi meno tasse.
In alcuni casi puoi scegliere di non applicare la tassazione separata e inserire il TFR nel tuo reddito complessivo, pagando secondo l’IRPEF ordinaria. Ma è un’eccezione. Conviene solo se non hai altri redditi o se il TFR è basso. In quella situazione potresti rientrare in una fascia IRPEF molto bassa o addirittura nella no tax area.
Se decidi di fare questa scelta, la comunichi nella dichiarazione dei redditi. Attenzione però: vale per tutti i redditi simili ricevuti in quell’anno, non solo per il TFR. Per questo motivo, va valutata bene, magari con il supporto di un CAF o di un commercialista. In ogni caso, anche se non fai nulla, l’Agenzia delle Entrate controllerà comunque e, se la tassazione ordinaria fosse più vantaggiosa, applicherà quella al posto della separata. Quindi sei comunque tutelato.
L’aliquota applicata al momento del pagamento è provvisoria. Dopo qualche anno, l’Agenzia delle Entrate può fare un ricalcolo basandosi sulla media delle aliquote IRPEF pagate nei 5 anni precedenti. Se risulta che dovevi pagare di più, ti arriva una richiesta di saldo. Se invece hai pagato troppo, puoi ottenere un rimborso.
Oltre all’IRPEF sul TFR, c’è anche una tassa fissa del 17% sulle rivalutazioni annuali. Ma quella la paga l’azienda per te, quindi non la vedi direttamente, anche se riduce un po’ il totale netto che ti arriva. Alla fine, il tuo TFR è tassato meno di quanto sembri, ma è comunque importante controllare che tutto sia stato calcolato bene.
Appena ti arriva la liquidazione, la prima cosa da fare è controllare i documenti che l’accompagnano. In genere, ti danno un prospetto di liquidazione oppure è tutto indicato nell’ultima busta paga. Devi verificare che ci sia scritto quanto TFR ti hanno maturato, quanta rivalutazione hanno calcolato, e soprattutto quanta imposta ti hanno trattenuto.
Se lavori nel pubblico, ti arriva tutto dall’INPS o dall’amministrazione. Anche lì vale la stessa regola: guarda i numeri con attenzione. Nell’anno successivo, poi, troverai tutto riepilogato nella Certificazione Unica (CU). C’è una sezione dedicata al TFR, con scritto l’importo lordo erogato e le ritenute applicate.
Per capire se l’importo che hai ricevuto è corretto, puoi fare un rapido calcolo. Ogni anno dovresti aver maturato circa il 7,41% del tuo stipendio lordo (nel privato) oppure il 6,91% se sei nel pubblico. A questo va aggiunta la rivalutazione ISTAT. E se hai aderito a un fondo pensione, una parte del TFR non viene liquidata, perché finisce lì.
Online trovi diversi strumenti per simulare il TFR atteso. Anche il sito dell’INPS offre un calcolatore per chi lavora nel pubblico. Se il conto finale è molto diverso da quello che ti aspettavi, vale la pena approfondire: potrebbero esserci stati errori nei periodi considerati o nelle voci di retribuzione usate.
Se qualcosa non ti quadra, non lasciare correre. Può trattarsi di un errore formale oppure di una trattenuta sbagliata. In questi casi, la cosa migliore è rivolgerti subito all’ufficio paghe o all’INPS. Se serve, puoi anche farti aiutare da un CAF o da un patronato, che hanno gli strumenti per rifare tutti i calcoli.
Ricorda che hai tempo 5 anni per reclamare il tuo TFR. Dopodiché, rischi di perderlo per sempre. La prescrizione parte dal momento in cui nasce il diritto al pagamento, quindi non aspettare troppo. Quel denaro è tuo: se non ti è stato riconosciuto o se l’hanno tassato in modo scorretto, hai tutto il diritto di farlo sistemare.
Ricevere il TFR non è un favore. È un tuo diritto maturato con il lavoro, e devi essere certo che venga pagato nei tempi giusti, con il calcolo corretto e con una tassazione equa. Anche se può sembrare solo una cifra a fondo pagina, in realtà rappresenta anni di impegno, sacrifici e crescita professionale.
Sapere come funziona il trattamento fine rapporto, quando viene liquidato e cosa aspettarti dalla tassazione TFR, ti mette nella condizione di controllare e capire ogni dettaglio. Non sei obbligato a fidarti alla cieca. Hai gli strumenti per verificare e, se serve, per farti valere.
Non lasciare che un calcolo sbagliato o una scadenza mancata ti portino via ciò che ti spetta. Il TFR è parte del tuo percorso, e nessuno meglio di te può proteggerlo. Informarti è il primo passo per non lasciare nulla indietro.
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