Published on 28 Jun 2025 - 6 minutes read
Lo stress domestico può iniziare appena apri gli occhi e non mollarti fino a sera. Basta un giorno in smart working per capirlo: la testa è già piena prima ancora di accendere il computer. Una mail da rispondere, il bucato da stendere, la colazione da preparare. Tutto insieme. Tutto nello stesso spazio.
Non si tratta solo di fatica fisica. È qualcosa di più sottile, più profondo. È la mente che non si ferma mai, che corre da un pensiero all’altro, incastrata tra scadenze, pentole sul fuoco e richieste che arrivano da tutte le direzioni. E tutto questo, spesso, senza nemmeno che qualcuno se ne accorga.
Se sei donna, forse ti sei ritrovata mille volte a portare avanti il lavoro da casa mentre organizzi la vita degli altri. Spesso senza pause, senza ringraziamenti, senza riconoscimento. Il problema è che questa situazione non è affatto rara. Il carico mentale ha un impatto reale sulla tua energia, sulla tua concentrazione, sul tuo benessere.
Eppure, c’è una cosa che possiamo fare subito: dargli un nome, riconoscerlo, parlarne. Perché il fatto che sia “invisibile” non significa che non faccia male. Anzi, è proprio lì che pesa di più.
Non serve correre tutto il giorno per sentirsi stanchi. Lo stress domestico nasce proprio da quel continuo lavorìo mentale che parte appena ti svegli. Hai già in testa la lista della spesa, le riunioni del giorno, la lavatrice da svuotare, le email urgenti, il rumore della lavastoviglie in sottofondo. Non hai ancora fatto colazione e sei già nel bel mezzo di mille pensieri.
Il punto è che anche quando resti seduta alla scrivania, la mente non si ferma. Anzi, è proprio lì che parte il caos silenzioso: pensi a tutto, per tutti, sempre. Questo ti prosciuga, anche se a vederlo da fuori sembri tranquilla. Ma dentro c’è un rumore costante che non si spegne mai.
Non si parla mai abbastanza di questa fatica mentale. Perché non lascia segni evidenti, ma si accumula ogni giorno. Ti svegli più stanca di quando sei andata a dormire. Ti dimentichi cose, perdi la pazienza, fai fatica a concentrarti. Non sei tu che stai sbagliando. È che stai reggendo un carico che non si vede ma che pesa tantissimo.
Quando nessuno lo nomina, sembra quasi che non esista. Invece è reale, e logora. Ti toglie spazio mentale, ti ruba energia, ti lascia senza fiato anche quando sei seduta. È come tenere un motore acceso tutto il giorno, anche se non stai andando da nessuna parte.
Lavorare da casa dovrebbe essere una comodità. Ma spesso si trasforma in un lavoro nel lavoro. Tra una call e l’altra rispondi a un messaggio della scuola, raccogli i giochi dal pavimento, pensi a cosa preparare per cena. E mentre parli con il tuo capo, stai già mentalmente caricando la lavatrice.
Questa sovrapposizione continua tra vita privata e lavoro ti lascia senza pause. Non c’è un momento per rifiatare, non c’è un dopo. Tutto si mischia, tutto pesa. E a fine giornata, non capisci nemmeno da cosa sei così stanca, ma la stanchezza c’è. Eccome se c’è.
Quando lavori da casa, non ci sono più barriere. La scrivania è il tavolo della cucina, il corridoio diventa zona call e il divano si trasforma in aula per i compiti dei figli. Ogni stanza ha più funzioni, proprio come te. In un attimo passi da una mail urgente a un litigio da risolvere tra fratelli. E tutto questo, spesso, senza nemmeno alzarti dalla sedia.
Non c’è divisione tra “momento lavoro” e “momento vita privata”. Tutto succede insieme, senza pause. Il cervello non sa più quando è il momento di concentrarsi e quando può rilassarsi. E alla lunga, questa sovrapposizione continua crea confusione, frustrazione e tanto, tantissimo affanno.
La verità è che ti senti in difetto qualunque cosa tu stia facendo. Se ti dedichi al lavoro, ti senti in colpa perché stai trascurando i figli. Se stai con i figli, ti senti in ritardo sulle consegne. Se prendi un attimo per te, ti sembra di rubare tempo agli altri. È un loop che logora e svuota.
Eppure, nessuno ti ha chiesto di fare tutto. Ma la pressione di dover essere sempre presente, sempre capace, sempre connessa è diventata la norma. E più ci provi, più ti sembra di non farcela. Perché non si può essere ovunque, tutto il tempo, e restare in piedi.
Quando il lavoro entra nella casa, entra anche nella testa. Non smetti mai davvero di lavorare, anche quando chiudi il portatile. Pensi a cosa devi fare domani, rispondi all’ennesimo messaggio di lavoro mentre prepari cena, ti porti le scadenze a letto.
Questa assenza di limiti è uno dei motivi principali per cui la fatica mentale non molla mai la presa. Senza uno spazio definito per ciascun ruolo, tutto si accavalla. E tu finisci in mezzo, a cercare di tenere insieme i pezzi mentre vai avanti a forza di volontà.
Magari ti senti dire spesso che sei brava a fare mille cose alla volta. Ma il multitasking mentale non è un superpotere, è una trappola. Ti fa pensare di essere efficiente, ma in realtà ti sfianca senza che tu te ne accorga. Passi da un pensiero all’altro senza sosta: rispondi a un’email mentre controlli il calendario delle vaccinazioni, pensi alla lista della spesa mentre ascolti una call.
Ogni pensiero aperto è come una finestra che resta attiva nella tua testa, e a fine giornata il sistema si rallenta. Ti dimentichi qualcosa, ti blocchi, ti senti stanca anche se non ti sei mai alzata. Non è pigrizia, è sovraccarico mentale.
Anche quando hai un attimo di pausa, non riesci a rilassarti davvero. La mente continua a girare, pronta a rispondere al prossimo stimolo. Vivi in una specie di “modalità emergenza” permanente. Ogni piccola distrazione, ogni pensiero fuori posto, si somma a tutto il resto che già hai in testa.
E questo stato di allerta costante ti toglie energia anche nelle cose più semplici. Ti senti sempre indietro, sempre sotto pressione, come se non riuscissi mai a fare abbastanza. In realtà stai facendo il triplo, solo che nessuno lo vede. Nemmeno tu, a volte.
Quando vai avanti così per troppo tempo, succede che il cervello si difende da solo. A un certo punto si spegne. Non riesci più a concentrarti, dimentichi le cose basilari, perdi il filo in una frase. Ti senti “vuota”, anche se non sai spiegare perché.
Non è debolezza. È il risultato di troppi pensieri, troppi compiti, troppe responsabilità accavallate. Serve fermarsi. Serve ridurre, semplificare, scegliere. Perché non devi dimostrare niente a nessuno, e soprattutto perché la tua energia mentale non è infinita.
Ogni giorno ti occupi di cose che nessuno ti ha chiesto esplicitamente, ma che fai comunque. Ti ricordi le scadenze familiari, pensi alla lista della spesa mentre stai finendo una presentazione, sistemi la casa tra una riunione e l’altra. Questo si chiama lavoro invisibile: non si vede, ma occupa tempo, testa ed energie.
Non riceve uno stipendio, non compare sul calendario, ma condiziona ogni tua giornata. È quella parte della tua vita che ti sfinisce senza darti nemmeno la soddisfazione di dire “l’ho fatto”. Eppure, è un lavoro a tutti gli effetti, solo che viene dato per scontato.
Ti sei mai accorta che molte delle incombenze quotidiane ricadono sempre sulle tue spalle, quasi automaticamente? Nessuno lo decide a tavolino, ma succede. Sei tu a ricordarti i compleanni, i vestiti da sistemare, le medicine da comprare. E lo fai mentre lavori, senza interruzioni.
Questa gestione costante non è solo una questione di tempo. È un carico mentale continuo che occupa spazio nella tua testa. Anche quando stai lavorando, una parte del tuo cervello è impegnata altrove. Non è pigrizia, non è disorganizzazione. È semplicemente troppo.
Parlare del lavoro invisibile è fondamentale. Solo se lo chiami per nome, puoi iniziare a gestirlo. Non si tratta di fare polemica, ma di riconoscere il valore delle cose che fai ogni giorno. Quelle che non finiscono su una busta paga ma che pesano eccome.
Puoi cominciare da gesti piccoli: chiedere aiuto, condividere le responsabilità, dire ad alta voce che sei stanca. Non è un fallimento, è consapevolezza. Perché rendere visibile ciò che fai è il primo passo per alleggerirlo. E per ricordarti che anche tu hai diritto a fermarti.
Se ti senti sempre stanca, irritabile, o con la testa altrove, non è colpa tua. Non stai sbagliando nulla. Stai solo portando sulle spalle un carico mentale che nessuno ti ha insegnato a riconoscere, ma che incide su tutto: sull’umore, sulla concentrazione, sul corpo.
Il multitasking mentale, i ruoli sovrapposti, il lavoro invisibile… non sono dettagli. Sono parte di quella stanchezza profonda che spesso ti impedisce di goderti anche le piccole cose.
Ecco perché fermarti non è un lusso. Dire “ho bisogno di una pausa” non è debolezza, è rispetto verso te stessa. Prenderti tempo, farti spazio, mettere dei limiti: sono gesti di cura. E sì, ne hai pienamente diritto.
Comincia da lì, anche solo con un respiro profondo. Perché prima di occuparti di tutto il resto, devi occuparti di te. Nessuno può farlo al posto tuo. Ma puoi scegliere di iniziare, anche adesso.
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