Pubblicato il 13 set 2023 • 4 minuti di lettura
Le aziende che si trovano in una situazione di eccedenza del personale hanno la possibilità di scegliere di attivare la misura dell’isopensione: una prestazione di accompagnamento alla pensione. Si tratta di una soluzione affine al congedo definitivo dal lavoro a totale carico dell’impresa e più conveniente, in termini economici, rispetto al licenziamento.
E’ un trattamento che si rivela un vantaggio per i lavoratori a cui è destinata: i dipendenti con contratto a tempo indeterminato che hanno maturato i requisiti utili minimi contributivi e a cui mancano pochi anni al pensionamento.
Con il termine isopensione si intende la possibilità, che hanno i lavoratori, di anticipare il momento della pensione. Si tratta di una misura introdotta dalla Legge Monti-Fornero. Con la Legge di Bilancio del 2018, gli anni che prevedono il congedo definitivo dal lavoro sono stati modificati da quattro a sette. Ecco perché si parla anche di esodo dei lavoratori anziani.
Il Decreto Milleproroghe, convertito in Legge, ha prorogato l’opportunità di accedere all’isopensione fino al 2026.
L’isopensione si rivela uno strumento utile non solo per i dipendenti che desiderano anticipare la pensione, ma anche per le aziende che vivono un momento di difficoltà. Infatti anziché licenziare una risorsa diventa più vantaggioso, in termini economici, mandarla in pensione a proprie spese, in modo anticipato. L’isopensione può essere sfruttata dalle imprese che contano al proprio interno più di quindici dipendenti. In caso di eccedenza del personale, mediante un accordo con i sindacati da depositare all’INPS, possono incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani.
Semplifichiamo i requisiti necessari per poter accedere allo strumento dell’isopensione:
Sono esclusi gli apprendisti e i lavoratori con contratto di reinserimento.
Il lavoratore in esodo che riceve l’isopensione nel mentre può essere reimpiegato in un altro lavoro, che sia dipendente o autonomo.
Infatti, salvo alcune eccezioni, anche mentre si percepisce la pensione di vecchiaia è possibile continuare a svolgere un lavoro.
Ricordiamo che il requisito occupazionale deve essere calcolato in riferimento al semestre precedente la stipula dell’accordo.
Come abbiamo visto, grazie allo strumento dell’isopensione un’azienda può decidere di accompagnare i propri lavoratori verso la pensione, con sette anni di anticipo. In questo modo evita di ricorrere al licenziamento. Dunque l’impresa paga ai lavoratori, che anticipano il congedo definitivo dal lavoro, l’assegno di isopensione, conosciuto anche come assegno di esodo.
Per semplificare: il singolo dipendente accede ad una indennità versata mensilmente, in sostituzione dello stipendio o della pensione, fino a che non raggiunge i requisiti necessari per accedere al vero e proprio pensionamento.
Per accedere all’isopensione funziona così: l’azienda deve sottoscrivere un accordo preventivo di esodo con i sindacati e depositarlo presso l’INPS; allo stesso tempo deve presentare una fideiussione bancaria per garantire l’onere da coprire per il pagamento degli assegni di isopensione.
Il resto delle operazioni spettano all’INPS, che ha il compito di:
Una volta avvenuti questi passaggi, l’impresa può erogare al lavoratore interessato l’assegno di isopensione, per tutto il periodo di esodo pari a tredici mensilità. Ricordiamo che tale assegno è sempre più basso di quello riconosciuto per la pensione di vecchiaia.
Infatti sono esclusi dal conteggio:
Al fine di non danneggiare la futura pensione del lavoratore, oltre all’assegno di isopensione l’azienda si impegna a farsi carico della contribuzione figurativa, che serve per coprire il periodo di esodo. Una volta maturati i requisiti necessari al pensionamento, l’assegno viene nuovamente calcolato prendendo in considerazione la contribuzione ulteriore.
L’assegno di isopensione non è reversibile, dunque è soggetto a tassazione ordinaria. Inoltre ricordiamo che in caso di decesso del beneficiario, ai superstiti viene liquidata la pensione ordinaria.
Affinchè l’isopensione sia applicabile è necessario che il datore di lavoro stipuli un accordo con le organizzazioni sindacali al suo interno più rappresentative. Ciò serve per definire al meglio la gestione degli esuberi.
Nell’accordo vanno specificate alcune informazioni:
Una volta che l’accordo è stato sottoscritto, i lavoratori hanno la possibilità di decidere se aderire oppure no. In seguito alla validazione dell’INPS la prestazione di esodo viene liquidata dal mese successivo alla risoluzione del rapporto di lavoro. Ricordiamo che tra la data di cessazione del rapporto lavorativo e la data relativa alla decorrenza della prestazione non ci deve essere alcun tipo di continuità.
Lo scivolo per la pensione riconosce ai lavoratori, a cui mancano solo cinque anni al momento del congedo definitivo dal lavoro, la possibilità di accedere a un pensionamento anticipato. Nella Bozza del Decreto Lavoro è indicata la proroga del contratto di espansione fino al 2025. Dunque fino a tale termine è possibile attuare percorsi di prepensionamento per:
Le prime regole stabilivano che ad accedere a questa tipologia di trattamento fossero solo le aziende composte da almeno 500 lavoratori. La condizione di accesso è stata ridotta ad un limite massimo di 50 dipendenti. E’ importante sottolineare che le imprese, che decidono di attivare il meccanismo dello scivolo per la pensione, si devono impegnare ad assumere nuovi collaboratori..
Dunque per tutto il periodo di esodo il datore di lavoro riconosce un’indennità mensile al lavoratore che usufruisce dello scivolo per la pensione. L’indennità è pagata dall’INPS, ma è a carico dell’impresa. Viene commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal dipendente al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Ciò avviene fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico.
Per il lavoratore, che non si trova ancora nella condizione di poter usufruire dello scivolo di pensione, è consentita invece una riduzione oraria. Questa non può essere superiore al 30% del suo ordinario giornaliero, settimanale o mensile. Dunque il dipendente riceve un’indennità pagata dallo Stato, per un limite temporale di massimo 18 mesi. Se necessario la percentuale di riduzione può raggiungere il 100%, previo un accordo tra le parti interessate. In questo caso la risorsa cessa a tutti gli effetti di lavorare.
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