Pubblicato il 8 ago 2022 • 5 minuti di lettura
La previdenza complementare è il secondo pilastro del sistema pensionistico e permette di garantire una pensione integrativa oltre a quella assicurata dall’INPS. Grazie a questo sistema, i lavoratori possono ottenere una maggiore sicurezza economica, nel momento in cui terminano di lavorare Inoltre durante il periodo di versamento possono godere di agevolazioni fiscali presso fondi pensione complementari. Infatti i versamenti fino a 5.164,57 euro sono deducibili al momento della dichiarazione dei redditi.
I lavoratori devono volontariamente scegliere a quale dei diversi tipi di fondi pensione destinare i propri risparmi. Le differenze tra essi riguardano l’adesione e la contrattazione, gli enti di gestione e gli eventuali rendimenti ottenuti attraverso l’investimento di tali contributi. Questi fondi possono anche essere scelti per versare il TFR e non lasciarlo all’azienda. In diversi casi è possibile chiedere anticipi su tale liquidazione.
La previdenza complementare è prevista per integrare la previdenza obbligatoria o del primo pilastro. Si tratta di un sistema introdotto per garantire una maggiore sicurezza e stabilità nella futura tutela pensionistica a cui il lavoratore ha diritto.
L’adesione a questo secondo pilastro è completamente volontaria e non sostituisce il versamento di contributi presso gli enti nazionali quali INPS e casse professionali.
I lavoratori che decidono di affidarsi a un fondo di previdenza complementare hanno diverse opzioni e possono anche accedere ad alcune agevolazioni fiscali attraverso la deducibilità previdenza complementare.
Oltre alla funzione di integrare la pensione, la previdenza complementare permette anche di avere un fondo per affrontare alcune spese personali e lavorative. Infatti per i lavoratori è possibile richiedere degli anticipi per acquistare la prima casa, affrontare spese sanitarie o sostenersi durante periodi di inoccupazione.
In alcuni casi grazie al secondo pilastro si può accompagnare un eventuale pensionamento anticipato.
Tutte le informazioni contenute in questo articolo potranno aiutarti a comprendere come funziona la previdenza complementare, con i suoi vantaggi. Inoltre sono presenti alcuni esempi di fondi disponibili.
A seconda delle esigenze individuali i lavoratori possono scegliere diverse tipologie di fondi pensionistici. Se si incomincia subito a versare risparmi nel fondo complementare, i vantaggi a lungo termine saranno maggiori.
Per effettuare la scelta corretta è necessario valutare diversi parametri.
In primis bisogna avere un’idea di quale possa essere la pensione necessaria per poter condurre una vita adeguata, anche dopo aver smesso di lavorare. Successivamente può essere utile comprendere quale sia la pensione assicurata dal primo pilastro. Se questa risulta insufficiente, si possono approfondire i vari esempi di previdenza complementare disponibili e come ognuno di essi potrebbe rispondere alle proprie esigenze.
Il riferimento normativo è il D.lgs. 252/2005, il quale nei suoi vari articoli approfondisce il funzionamento di ognuno dei fondi.
I fondi pensione negoziali, anche chiamati fondi chiusi (art.3), sono istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro sulla base di contratti collettivi per azienda, settore o regione. Per la gestione dei risparmi questi tipi di fondi si appoggiano ad enti esterni, quali ad esempio una Banca Depositaria o una compagnia di assicurazione che ha il compito di erogare le pensioni. L’adesione a questo tipo di fondi avviene generalmente in forma collettiva.
I fondi aperti (art. 12) sono invece istituiti da banche, assicurazioni, società di gestione di risparmio (SGR) oppure società di intermediazione mobiliare (SIM). Sono un patrimonio separato e autonomo all’interno di queste società. Anche in questi casi si fa affidamento ad una Banca Depositaria esterna per il versamento.
Per garantire la correttezza e la tutela di chi aderisce a questo tipo di fondi, i responsabili del fondo sono indipendenti rispetto alla società che l’ha istituito. Il responsabile ha anche il compito di assicurare l’adempimento a norme, regolamenti e contratti, insieme all’organismo di sorveglianza. Quest’ultimo si occupa in particolare del controllo della gestione del fondo da parte della società che l’ha istituito.
Sia individui che collettività possono aderire ai fondi aperti.
La tipologia di fondo previdenza complementare descritta nell’articolo 13 del decreto è quella dei piani pensionistici individuali, generalmente indicati come PIP.
Si tratta dei contratti di assicurazione sulla vita che hanno finalità previdenziale e vengono di conseguenza stipulati presso compagnie assicurative. Le polizze devono seguire i regolamenti e le direttive indicate dalla Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP), perché chi aderisce sia sempre tutelato da un organismo esterno.
Così in altri casi i fondi rappresentano un patrimonio autonomo e separato all’interno dell’ente e la gestione di essi è controllata da un responsabile per la difesa degli interessi dei lavoratori. Così come dice il nome della tipologia, l’adesione avviene in modo individuale.
Tra gli esempi di previdenza complementare compare anche la forma istituita dall’INPS, chiamata Fondinps. Il suo funzionamento segue quello degli altri fondi pensione complementari e la sua adesione è dedicata a chi non ha effettuato alcuna scelta sul versamento del TFR, o chi non ha alcun fondo complementare collettivo di riferimento.
Tutti gli altri fondi sono descritti come fondi pensione preesistenti. Ciò significa che sono stati istituiti prima del 15 novembre 1992, data indicata nel Decreto Legislativo 124 del 21 aprile 1993 che ha istituito la previdenza complementare ed è stato abrogato dall’attuale D.lgs. 252/2005.
Le differenze con i fondi istituiti più recentemente sono nella gestione delle risorse. Infatti i fondi pensione preesistenti non hanno l’obbligo di ricorrere a intermediari specializzati. L’adesione è collettiva secondo contratti di una o più aziende.
Uno dei maggiori vantaggi legati alla previdenza complementare è l’accesso a agevolazioni fiscali. Lo Stato ha istituito un sistema per incentivare i lavoratori ad aderire a una forma di previdenza complementare.
Infatti le somme dedicate alla previdenza complementare vanno ad abbattere l’imponibile fiscale ai fini IRPEF. Il limite della deducibilità è di 5.164,57 euro all’anno. Ciò significa che tutto quello che viene versato fino al raggiungimento di questa cifra non è considerato come reddito e quindi non rientra nell’imponibile. Di conseguenza vi è una minore pressione fiscale sul reddito.
Si tratta di un processo che non funziona soltanto a livello individuale, ma anche per versamenti effettuati a favore di familiari che risultano a carico.
La nuova legge di bilancio 2022 ha istituito nuovi scaglioni di reddito e nuove aliquote, ma non ha confermato alcuna modifica relativa alla deducibilità previdenza complementare.
I risparmi versati oltre il limite di 5.164,57 euro non vengono dedotti, ma sono esenti da tassazione al momento dell’erogazione, per evitare una doppia tassazione. Questa cifra va comunicata al gestore del fondo pensione entro la fine dell’anno successivo al versamento, tramite una comunicazione dei contributi non dedotti.
Lo stesso principio va applicato anche a chi sceglie di non approfittare della deducibilità o a chi non risponde ai requisiti, ad esempio i lavoratori in regime dei minimi o a regime forfettario, i quali non rientrano nei regolamenti dell’IRPEF ordinaria.
La deducibilità fiscale è un vantaggio dedicato anche ai lavoratori o ai soggetti con un reddito diverso da quello del lavoro. Anche chi già sta ricevendo la pensione può approfittare della deducibilità, se ancora aderisce a un fondo integrativo. Infatti anche la pensione pubblica è soggetta a IRPEF ordinaria.
Oltre alla deducibilità sono presenti altre agevolazioni fiscali. L’aliquota sui rendimenti della gestione finanziaria è al massimo del 20%, contro il 26% di gran parte delle forme di risparmio finanziario. Inoltre la pensione complementare è tassata tra il 9% e il 15% in base agli anni di partecipazione al determinato fondo.
Il lavoratore può decidere di trasferire il proprio TFR (trattamento di fine rapporto) ad un fondo di previdenza complementare. Si tratta di una scelta particolarmente conveniente. Ad ogni cambio d’azienda, evento molto più comune e vantaggioso che in passato, il TFR viene liquidato e tassato. Se invece questo si trova presso un fondo complementare, la tassazione avviene soltanto nel momento in cui il lavoratore lo riceve, ad aliquote tra il 9% e il 15%.
In azienda invece è soggetto a un tasso minimo del 23%.
Altri vantaggi riguardano l’anticipo, che può essere richiesto una volta sola se la somma si trova in azienda. Nel caso di scelta della previdenza complementare TFR, si può riscattare in più momenti in base ai casi specifici. Questo può aiutare significativamente per l’acquisto di una casa o per altre necessità personali o familiari.
Per concludere, riassumiamo il funzionamento della previdenza complementare in maniera semplice. Oltre al versamento dei contributi INPS ai fini pensionistici, i lavoratori possono scegliere dei fondi complementari per accumulare nel corso degli anni una pensione integrativa. I vantaggi riguardano sia la possibilità di ottenere una pensione più alta quando si finisce di lavorare, che la possibilità di risparmiare con agevolazioni fiscali nel corso degli anni.
Per quanto riguarda il TFR i lavoratori possono decidere di versarlo presso un fondo pensione complementare e evitare quindi che sia tassato alla liquidazione ogni volta che avviene un cambio d’azienda. Inoltre è possibile richiedere più di un anticipo sul TFR durante il corso della propria vita lavorativa.
Autore
Articolo scritto da
Ti è piaciuto l’articolo?